La Cardiotocografia
La cardiotocografia, detta anche monitoraggio, è la metodica di sorveglianza delle condizioni fetali più diffusa al mondo ed avviene attraverso la registrazione continua della frequenza cardiaca fetale (FCF – cardiografia) e delle contrazioni uterine (tocografia).
Il rilievo del battito cardiaco fetale (BCF), solitamente rilevato con tecnica doppler, si effettua posizionando una sonda a ultrasuoni sull’addome della madre, consentendo così di ottenere 2 tracciati, registrati contemporaneamente sulla stessa striscia di carta, relativi alle variazioni della frequenza cardiaca del feto (compresa tra 120 e 160 battiti per minuto) e all’attività contrattile uterina.
Un esame che si effettua dalla 27esima per valutare il benessere del feto e e registrare la frequenza delle eventuali contrazioni comparse nella gestante. Serve anche in fase di travaglio per valutare se accelerare il parto o procedere a un cesareo. Ecco tutto quello che c'è da sapere sul tracciato tocografico
Chiamato anche «non stress test», il monitoraggio cardiotocografico è un esame non invasivo che non procura problemi né alla mamma né al feto e serve per il controllo del benessere fetale e la valutazione dell'attività contrattile della futura mamma.
Generalmente, si effettua come pratica standard alla 40^ settimana, cioè quando la gravidanza arriva al termine e, associato a visita ed ecografia, serve per monitorare il benessere della mamma e del bambino. Si può anticipare alla 27/28 settimana in caso di necessità, su valutazione del ginecologo curante, per monitorare eventuali patologie.
È un esame utilizzato di norma anche prima del parto durante la fase del travaglio.
COME SI EFFETTUA IL MONITORAGGIO CARDIOTOCOGRAFICO
L'esame si esegue appoggiando due sonde (tre nel caso dei gemelli) sulla pancia donna, in corrispondenza dell'utero, e ha due obiettivi: monitorare la frequenza cardiaca del feto, registrandone le variazioni, e valutare le contrazioni uterine in una registrazione della durata di almeno 15-20 minuti.
Il monitoraggio si esegue su un lettino o su poltrone reclinabili nell'ambulatorio dell'ospedale o in pronto soccorso, viene effettuato dalle ostetriche e vidimato da un ginecologo.
QUANDO SI EFFETTUA IL MONITORAGGIO CARDIOTOCOGRAFICO
Di norma, questo esame si effettua al termine della gestazione, verso le 40 settimane di gravidanza, ma può essere utile farlo a partire da 27-28 settimane di gravidanza «nei casi in cui sia necessario monitorare il benessere fetale o l'attività contrattile della gravida se riferisce di avere contrazioni ed essere a rischio di parto pretermine – continua l'esperto –. Può essere però necessario effettuarlo anche in altri casi in cui siano presenti patologie della gravidanza, come l'ipertensione materna, il ritardo di crescita del feto (iposviluppo fetale), una minaccia di parto pretermine, o la rottura anticipata delle membrane».
L'esame, come già anticipato, si esegue anche in fase di travaglio sempre per valutare il benessere fetale in questo momento.
COME SI VALUTA IL MONITORAGGIO CARDIOTOCOGRAFICO
In generale, il tracciato registra la frequenza cardiaca del feto il cui range di normalità (cioè la linea base di frequenza cardiaca) dovrebbe essere di 120-160 battiti per minuto. Ma questa frequenza non è costante, per questo nel corso dell'esame devono essere registrate accelerazioni del battito fetali maggiori rispetto alla linea base di circa 10 battiti al minuto. Possono poi essere presenti anche lievi decelerazioni.
A seconda dei risultati, il ginecologo potrà decidere di procedere a un parto anticipato. È possibile che ci siano dei falsi positivi, perché l'interpretazione del tracciato del monitoraggio cardiotocografico è molto complessa: oltre al risultato della regi
strazione, infatti, bisogna anche valutare la storia clinica della futura mamma e completarla con il risultato di altri esami strumentali, in particolare l'ecografia ostetrica.
Contrazioni in gravidanza
Meno controverso è il monitoraggio delle contrazioni; sono fisiologiche se presenti in un numero massimo di cinque contrazioni nell'arco di una giornata: se il tracciato segna la presenza di numerose contrazioni.
MONITORAGGIO CARDIOTOCOGRAFICO IN FASE DI TRAVAGLIO
Il monitoraggio cardiotocografico viene utilizzato anche prima del parto naturale, durante la fase del travaglio per valutare il benessere fetale. L'esame serve all'ostetrico o al ginecologo per valutare se sia necessario accelerare i tempi del travaglio o addirittura, in caso di tracciato non rassicurante o patologico, decidere di effettuare taglio cesareo urgente.
Nel caso di un monitoraggio in fase di travaglio, la durata dell'esame è maggiore e viene ripetuto a seconda delle condizioni cliniche della paziente anche a intervalli di un'ora (per un totale di 20 minuti di esame ogni ora circa).
L’apparecchio è in : infatti, quando si verifica una riduzione della frequenza cardiaca del feto durante le contrazioni uterine, si può prevedere una ridotta ossigenazione del feto. Il monitoraggio cardiotocografico viene eseguito anche in caso di induzione del parto con ossitocina (ormone che causa le contrazioni uterine). Il tracciato permette di comprendere se il feto riesce a tollerare il travaglio (ovvero se vi sia una adeguata ossigenazione durante le contrazioni). Qualora nel tracciato compaiano delle anomalie del battito fetale (per esempio decelerazioni), solitamente si preferisce terminare il parto con un taglio cesareo d'urgenza, per evitare eventuali danni al feto se questo non viene adeguatamente ossigenato.