Tumore Mammella - analisi genomica

Si stima che siano più di 50mila, in Italia, le donne che ogni anno vengono colpite dal cancro al seno. La maggior parte di queste, dopo l’intervento chirurgico per la rimozione del tumore, viene sottoposta alla chemioterapia per evitare il ritorno della malattia.

Chemioterapia che, come si sa, spesso causa nausea, perdita di capelli, infertilità, stanchezza e un incremento del rischio di contrarre infezioni, soprattutto nel momento in cui tutto il mondo, ed in particolare gli ospedali, sono alle prese con l’epidemia di Covid-19.

MammografiaEppure, la ricerca ha dimostrato che solo una parte delle pazienti con un tumore al seno in stadio precoce e senza interessamento linfonodale trova sostanziale giovamento dalla chemioterapia. Ad una parte delle pazienti tale trattamento e le relative tossicità possono essere risparmiate. Ma come individuare le pazienti che hanno più probabilità di trarre beneficio dalla chemio? I criteri normalmente seguiti nella pratica clinica per decidere un trattamento sono basati su fattori quali l’età o la grandezza del tumore; ma oggi la medicina di precisione e la genomica consentono di ottenere risposte molto più accurate.

L’analisi genomica dei tessuti tumorali consente infatti di caratterizzare al meglio il tumore e prevedere le sue probabilità di crescita e di risposta al trattamento. Eseguiti su un piccolo campione di tessuto prelevato durante l’intervento chirurgico, i test genomici in questione, tra cui OncotypeDX, Mammaprint, Endopredict, Prosigna ROR, sono da qualche tempo disponibili sul mercato e sono indicati, dalle maggiori società scientifiche oncologiche internazionali e nazionali, come test utili per ottimizzare la terapia precauzionale (terapia ormonale o chemioterapia) in pazienti selezionate con diagnosi di tumore al seno di tipo ormone-sensibile (HR+/HER2-).

 

In particolare, il test Oncotype DX è supportato da una serie di studi clinici di validazione: Tra i test genomici attualmente disponibili per le pazienti con tumore al seno è quello più estesamente studiato con studi clinici prospettici e risultati raccolti da oltre 100mila pazienti. Ciò fornisce un elevato livello di evidenza a sostegno della validità clinica del test. Ad oggi, il test è stato utilizzato da oltre un milione di pazienti in tutto il mondo per orientare le decisioni terapeutiche ed è stato incluso in tutte le più importanti Linee Guida sul tumore al seno. E uno studio condotto in Lombardia su 400 pazienti ha dimostrato che «1 paziente su 2 ottiene di risparmiare una chemioterapia potenzialmente inutile, con enormi vantaggi personali e conseguenti vantaggi economici per il sistema sanitario, dal momento che i costi diretti e indiretti del singolo programma di chemioterapia eccedono di quasi tre volte quelli del singolo test genomico.

Ad oggi, tuttavia, solamente Lombardia e Alto Adige rimborsano questi test genomici, mentre nel resto d’Italia le pazienti possono accedere ai test solo pagando di tasca propria tra i 2mila ed i 3mila euro: Ci chiediamo se non sia giunta l’ora che l’Italia si muova rapidamente, e in modo omogeneo, per estendere l’accesso e la rimborsabilità di test genomici, per esempio inserendoli nei LEA, soprattutto in questa fase della persistenza per i prossimi mesi di questa pandemia. È innanzitutto una questione di equità e di buona politica sanitaria. Infatti questi test, se usati bene, si sono dimostrati sicuramente capaci di ottimizzare la cura del tumore al seno, risparmiare chemioterapie inutili, contenere i costi sanitari e infine potrebbero contribuire a mitigare il rischio pandemico di Covid-19.

Prevenzione Tumore Mammella

La lotta al tumore alla mammella ha fatto, negli ultimi anni, dei veri e propri passi da gigante. tumori-al-seno-e-disinformazioneMerito di ricerca scientifica e prevenzione. Quest’ultima, in particolare, è la vera arma in più a disposizione delle donne per ridurre il più possibile i danni. È il caso della tecnica del linfonodo sentinella, una metodologia che permette al medico di sapere se il tumore che ha avuto origine nel seno ha cominciato ad estendersi anche agli altri organi. Se il primo di questi linfonodi (chiamato appunto “sentinella”) non risulta intaccato dalle cellule tumorali, significa che con ogni probabilità il tumore non si è ancora diffuso.

Per controllare il linfonodo sentinella è necessario procedere ad un intervento che prevede l’iniezione nel corpo della paziente di una sostanza radioattiva. La strumentazione necessaria risulta però molto limitata: può ad esempio essere dannosa per la salute degli operatori, non può essere utilizzata nel caso di donne in gravidanza e ha costi di gestione e smaltimento molto elevati. Per non parlare del cosiddetto “salto della stazione”, un fenomeno che induce il medico ad analizzare un linfonodo diverso da quello sentinella e che può portare ad un falso negativo. Da qualche tempo però il mondo medico ha a disposizione una nuova strumentazione che porta avanti lo stesso tipo di screening ma in maniera molto meno invasiva, costosa e pericolosa. Lo strumento si chiama Quest .

Qual è l’importanza della prevenzione nel contrasto al cancro alla mammella e qual è il ruolo del linfonodo sentinella?

La prevenzione è sicuramente quella marcia in più che ci ha permesso di raggiungere i risultati che riusciamo ad ottenere oggi. Il tumore della mammella è quello che ha avuto i migliori risultati negli ultimi 30-40 anni rispetto a tutta la patologia neoplastica. La prevenzione consiste nel far capire alla donna che una diagnosi precoce permette di avere risultati migliori. Per questo l’invito a tutte le donne in età pre-menopausale e post-menopausale è quello di fare la mammografia di screening che nella maggior parte delle Regioni italiane è diventata ormai una metodica routinaria. 

La metodica più utilizzata è quella che prevede l’iniezione di un radioisotopo nei pressi della lesione e la successiva ricerca della migrazione di questo stesso isotopo con una sonda nell’ascella. Questa tecnica è sicuramente ancora attuale: ha dei vantaggi ma anche qualche svantaggio, che corrisponde sostanzialmente al fatto che la donna deve subire l’iniezione di una sostanza radioattiva. Fatto, questo, che può rappresentare un problema anche per gli operatori, tant’è vero che diventa necessario uno smaltimento di tutto il materiale secondo linee guida e protocolli molto precisi. Altro fatto non secondario è che l’iniezione del radioisotopo deve avvenire il giorno prima o alcune ore prima dell’intervento, rendendo più pesante l’iter per la donna. Oggi una nuova metodica innovativa e utilizzata non prevede l’impiego del radioisotopo.

Stiamo parlando del macchinario Quest. Perchè ha migliorato lo screening?

L’utilizzo del Quest permette di utilizzare un colorante vitale, cioè un qualcosa che è assolutamente compatibile con il nostro organismo, quindi non ci sono controindicazioni all’uso. Si tratta del verde indocianina, una sostanza usata ad esempio dagli oculisti per lo studio del fondo dell’occhio o della retina. Il vantaggio più grande è che questo colorante, necessario per andare ad individuare il linfonodo sentinella, può essere iniettato all’inizio dell’intervento. Dopo alcuni minuti grazie al Quest si può già vedere la migrazione del colorante e andare ad individuare il linfonodo o i linfonodi (a volte sono più di uno) che devono essere poi esaminati dall’anatomopatologo.