Bocciato dalla Cassazione il metodo Stamina diffuso da Davide Vannoni senza una valida sperimentazione e senza un protocollo approvato. I giudici ritengono, si tratti di una «cura» sprovvista di effetti benefici ma addirittura dannosa per chi ci ha creduto. A tutt’oggi - conferma la Cassazione - «ne sono sconosciute sia la composizione farmacologica sia l’efficacia terapeutica».
Con tre sentenze depositate dalla Sesta sezione penale, la Suprema Corte ha motivato le ragioni per le quali ha confermato il sequestro delle cellule staminali stoccate nella sala criogenica del laboratorio degli “Spedali civili” di Brescia disposto nell’ambito dell’inchiesta condotta dal pm di Torino Raffaele Guariniello. La Cassazione considera Vannoni il regista dell’intera vicenda, e - tra le prime cose - gli ha fatto presente che «accedendo al patteggiamento ha sostanzialmente riconosciuto» le sue responsabilità e la competenza della Procura di Torino. Anche perché il reato più grave è l’associazione a delinquere, materializzatasi nel capoluogo piemontese: prevale sul peculato contestato al dottore Mario Andolina e compiuto a Trieste. Gli altri reati vanno dal commercio di medicinali imperfetti alla somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica, alla truffa aggravata.
Al metodo Stamina - spiega la Cassazione ai familiari di malati che volevano proseguire la “cura” - «non può annettersi alcuna validità scientifica» e sono emersi «una serie di rischi» collegati alla «attività di estrazione e re-inoculazione delle cellule staminali poste in essere fuori dalle dovute precauzioni e al di fuori delle procedure richieste dalla legge». L’unico protocollo presentato da Stamina Foundation, proseguono i giudici di legittimità, «non è supportato da dati scientifici; è privo di riferimenti a procedure scientifiche validate o a pubblicazioni scientifiche e in esso le metodiche non sono dettagliate». «In tutta la documentazione prodotta da Vannoni, la preparazione e la caratterizzazione delle proprietà delle cellule staminali» non è «definita né documentata adeguatamente». Di non secondaria importanza il fatto che negli Usa ha fatto flop il suo tentativo di brevettare il metodo.
Inoltre, in circa il 25% dei pazienti che si sono sottoposti alle infusioni di cellule staminali, e dei quali «è stato possibile consultare le cartelle cliniche e le schede di monitoraggio», si sono presentati «eventi avversi, nel 14% dei casi anche gravi». «D’altronde, è stato riscontrato che numerosi pazienti - prosegue l’alta Corte - hanno denunciato l’assenza di effetti benefici e, in taluni casi, il peggioramento delle condizioni di salute». Gli unici che non hanno nulla da temere, tra le persone coinvolte in questa truffa ai danni di malati disperati e inguaribili, sono i medici ai quali i tribunali civili nei mesi scorsi avevano ingiunto di somministrare le infusioni mentre imperversavano le polemiche su questo “metodo” non riconosciuto dalla comunità scientifica. Anzi, sconfessato da ben due premi Nobel, ricorda la Cassazione sulla scorta delle consulenze, testimonianze e perizie acquisite da Guariniello.
Ai camici bianchi, la Cassazione (presidente Francesco Ippolito) ha assicurato che non vi saranno conseguenze con la giustizia in quanto sono scriminati - in base all’art. 51 del codice penale - per aver agito «in adempimento del dovere di dare esecuzione alla pronuncia del giudice civile». In altre parole, i medici sono stati `costretti´ a fornire queste “terapie” e non avranno conseguenze penali nel caso in cui le infusioni si rivelino «pregiudizievoli per la salute del paziente». Come è capitato in non pochi casi.
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