Cartella Clinica Incompleta
La Cassazione, con sentenza n. 6209 del 31 marzo 2016, cassa con rinvio una sentenza di merito che assolveva da ogni responsabilità la struttura sanitaria in relazione ai gravissimi danni subiti da una bambina al momento del parto. La sentenza si sofferma, in particolare, sull'onere probatorio e sulle conseguenze dell'irregolare tenuta della cartella clinica.
La materia della responsabilità sanitaria porta inevitabilmente ad esaminare casi particolarmente delicati, come certamente è quello in esame. La figlia dei ricorrenti, al momento del parto, aveva subito un'asfissia prenatale cui erano conseguite lesioni tali da determinare tetraparesi e danni neurologici permanenti. I genitori agivano contro l'Istituto ospedaliero, per ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla figlia. Il Tribunale, tuttavia, respingeva la domanda, e la sentenza veniva confermata anche in appello.
I giudici di merito, infatti, non ravvisavano particolari negligenze in capo al personale sanitario, né riguardo alla fase pre-parto, né riguardo ai trattamenti post-parto, né, infine, con riguardo alle tempistiche degli interventi posti in essere, e, pertanto, non ritenevano dimostrato il nesso causale tra l'intervento dei sanitari ed il danno subito dalla nascitura.
La sentenza qui in esame della Corte di cassazione, invece, ribalta completamente l'impostazione dei giudici di merito. Il ricorso viene articolato in sei motivi, di cui il principale è il secondo: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, nella fattispecie, l'esistenza di “vuoti temporali” ed omissioni nella cartella clinica. La Corte accoglie questo motivo, nonché il terzo ed il quarto, relativi alle regole sulla distribuzione dell'onere probatorio.
Il punto di partenza del ragionamento è la natura della responsabilità. Come noto, da una quindicina d'anni a questa parte la responsabilità medica ha subito un profondo ripensamento, spostandosi dall'area dell’illecito aquiliano all'ambito della responsabilità contrattuale. Le conseguenze di questo revirement (che è stato interamente giurisprudenziale) sono state significative, e, in ambito strettamente tecnico, hanno determinato un completo rovesciamento dell'onere probatorio, ora decisamente favorevole per il danneggiato (o i suoi eredi) e gravoso per il danneggiante.
Come sottolinea la Cassazione, l'applicazione dell'art. 1218 c.c.comporta per la struttura ed i sanitari convenuti in giudizio l'obbligo di fornire la prova liberatoria richiesta dalla norma. Per quanto riguarda, poi, la tenuta della cartella clinica, si tratta di un obbligo che grava sulla struttura, la cui violazione determina un danno per il paziente. La Corte sottolinea l'importanza di questo documento, fondamentale per ricostruire i fatti e per valutare non solo l'aspetto soggettivo dell'illecito, ma anche lo stesso profilo eziologico. Perciò censura la decisione della Corte d'Appello, per non aver valorizzato appieno l'esistenza di un vuoto di ben sei ore nelle annotazioni sulla cartella clinica, che corrispondono al periodo in cui la paziente subiva i danni. La Corte territoriale, infatti, aveva condiviso l'ipotesi (formulata dai CTU) che la neonata non potesse essere stata lasciata senza assistenza e che le sue condizioni fossero rimaste stabili nella fase post-natale.
La Cassazione ritiene che la sentenza di merito spinga un po' troppo avanti la prova presuntiva, e che si contraddica, nel momento in cui, da un lato, ritiene che la paziente fosse costantemente e correttamente monitorata, e, dall'altro, non considera che se fosse stata ben monitorata la cartella clinica avrebbe dovuto essere ben più esaustiva.
L'ulteriore conseguenza di tale erronea impostazione, spiega la Corte, è che, in questo modo, vengono addossate al paziente le conseguenze processuali della irregolare tenuta della cartella clinica. Di fatto, viene invertito l'onere probatorio, che dovrebbe gravare sulla struttura sanitaria, ossia su chi doveva tenere correttamente la documentazione clinica.
Dal momento che la censura investe un punto centrale della sentenza di merito, essa viene cassata con rinvio.
La giurisprudenza in materia di tenuta della cartella clinica è assolutamente costante ed in linea con la sentenza in commento. L'attuale indirizzo interpretativo è stato inaugurato da Cass. 11316/2003 ed è fedelmente seguito dalla giurisprudenza di legittimità. I principi fondamentali, ripresi anche dalla sentenza in commento, sono che le omissioni imputabili al medico nella redazione della cartella clinica, rilevano sia come nesso eziologico presunto, posto che l'imperfetta compilazione della stessa non può, in via di principio, risolversi in danno di colui che vanti un diritto in relazione alla prestazione sanitaria; sia come difetto di diligenza rispetto alla previsione generale contenuta nell'art. 1176 cod.civ. e, quindi, quale inesatto adempimento della corrispondente prestazione professionale.
L'omissione imputabile al medico nella redazione della cartella clinica consente il ricorso alle presunzioni in ordine alla sussistenza del nesso causale intercorrente tra prestazione medica ed evento dannoso, assumendo rilievo, al riguardo, il criterio della "vicinanza alla prova", cioè della effettiva possibilità per l'una o per l'altra parte di offrirla.
Alla luce di questi principi, è chiaro che il processo d'appello dovrà essere completamente rifatto, seguendo un'impostazione diametralmente opposta rispetto a quella utilizzata dai giudici di merito nei primi due gradi di questo giudizio.