Ipossia neonatale - encefalopatia ipossico-ischemica

Ipossia neonatale: l’encefalopatia ipossico-ischemica è una delle maggiori cause di morte neonatale e disabilità neurologica nel bambino. L’incidenza stimata è di circa 1-2/1000 nati a termine e fino al 60% nei neonati prematuri di peso inferiore a 1500 grammi. Pur non potendo distinguere lesioni anatomo-patologiche esclusive del neonato a termine o pretermine, è noto che nel primo prevale l’interessamento della sostanza grigia cerebrale mentre nel secondo quello della sostanza bianca.

Ipossia neonatale

Nei neonati più immaturi spesso il quadro è complicato dalla concomitante emorragia peri-intraventricolare. Tra i fattori che determinano la differente topografia del danno cerebrale ipossico-ischemico perinatale ricordiamo: l’intrinseca vulnerabilità di alcune cellule o regioni, fattori vascolari, natura e durata dell’insulto, età e maturità del neonato. Parole chiave: asfissia perinatale, neonato pretermine, danno cerebrale, leucomalacia periventricolare, emorragia intraventricolare.

Il termine ipossia (anossia) denota una parziale (o totale) carenza di ossigeno in uno o più tessuti del corpo incluso il sangue (ipossiemia, anossiemia).

Il termine asfissia indica la condizione in cui gli scambi gassosi polmonari o placentari sono alterati conducendo progressivamente a ipossiemia e ipercapnia e successivamente bradicardia e ipotensione (asfissia: letteralmente mancanza di polso, di pressione sanguigna). L’ipossia moderata-severa è seguita da acidosi metabolica per accumulo di acido lattico derivante dal metabolismo anaerobio, mentre l’asfissia è generalmente associata con acidosi sia metabolica che respiratoria.

L’ischemia è la riduzione o l’interruzione del flusso ematico conseguente a ipotensione o occlusione vasale. Nel feto o nel neonato l’ischemia è determinata o da precedenti ipossia-acidosi con effetto deprimente sul sistema cardiovascolare o da occlusione vascolare. Pertanto, nel neonato asfittico, l’ipossia e l’ischemia cerebrale vanno di pari passo e si parla in genere di danno ipossico-ischemico. 

 

 Diagnosi

Condizioni essenziali per la diagnosi di sofferenza perinatale sono: anamnesi positiva per sofferenza fetale (decelerazioni tardive al cardiotocogramma, liquido amniotico tinto di meconio, acidosi metabolica con pH<7,1 e/o EB ≤ 10 mEq/l nelle prime 2 ore di vita) depressione alla nascita con necessità di rianimazione, e sintomi neurologici precoci.

Il quadro clinico di un neonato che ha sofferto di ipossia-ischemia dipende dal timing, dalla severità e dalla durata dell’insulto e può variare dalla completa normalità fino alla presenza di segni e sintomi nell’immediato post partum.

La sintomatologia neurologica del neonato a termine asfittico è stata classificata da Sarnat e Sarnat [15] in 3 stadi progressivi di gravità: asfissia lieve (ipereccitabilità, veglia protratta, riflessi vivaci, tono normale o aumentato, midriasi, tachicardia), moderata (apatia, riflessi vivaci, ipotonia, convulsioni, miosi, bradicardia), grave (coma, riduzione o assenza di riflessi, flaccidità, raramente convulsioni, variabilità della dilatazione pupillare, variabilità della frequenza cardiaca).

La stadiazione clinica alla nascita o subito dopo è fondamentale per determinare la severità del danno ipossico-ischemico, per iniziare il trattamento più appropriato e per stabilire la prognosi. Anche l’evoluzione, con il passaggio da uno stadio all’altro è un importante indice prognostico [16, 17].

A volte i neonati appaiono relativamente normali nelle prime ore di vita per poi peggiorare rapidamente quando insorgono le crisi convulsive, altre volte sono in uno stadio 2 o 3 subito dopo la nascita. L’attività convulsiva compare nel 50-70% dei neonati asfittici, specialmente a termine, e nella maggior parte dei casi nelle prime 24 ore con un esordio tanto più precoce quanto più è grave l’asfissia. Quelli che sopravvivono mostrano un miglioramento nei giorni o nelle settimane seguenti, il tempo impiegato per il recupero delle normali funzioni neurologiche è anch’esso un fattore prognostico a lungo termine.

Oltre alle disfunzioni neurologiche, in circa il 50% dei casi l’asfissia determina alterazioni multi-organo riguardanti il rene, il cuore, i polmoni , l’intestino, con conseguenti alterazioni metaboliche quali ipoglicemia, ipocalcemia, alterazioni idro-elettrolitiche, iperammoniemia, che contribuiscono ad aggravare le condizioni di un sistema nervoso già compromesso.

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Strumentale

EEG: nel grado 1 della classificazione di Sarnat e Sarnat l’EEG è normale sia nella veglia che nel sonno attivo e calmo, il ciclo del sonno è presente mentre la durata degli stati è alterata. Nel grado 2 il tracciato è di basso voltaggio, caratterizzato da ritmi con frequenza variabile dalla banda delta alla beta, a volte è del tipo “basso voltaggio più grafoelementi patologici”, il ciclo del sonno è presente ma spesso alterato, frequenti le crisi elettrocliniche.

Nel grado 3 il tracciato è prevalentemente inattivo o parossistico, il ciclo del sonno è assente e sono presenti crisi con dissociazione elettroclinica. Per quanto riguarda la prognosi questa è favorevole per il grado 1, gravissima per il grado 3 in cui le caratteristiche del tracciato riflettono una necrosi neuronale corticale diffusa, mentre per il grado 2 è favorevole se i segni clinici ed EEG tornano nella norma entro 5-7 giorni [18].

Una forma semplificata di elettroencefalogramma, con soli 2 canali, può essere ottenuta in continuo con il cerebral function monitor.

Nonostante questa tecnica possa rilevare solamente le alterazioni maggiori dell’attività elettrica cerebrale (tracciato piatto, di basso voltaggio, burst suppression, crisi convulsive), senza possibilità di studiare le varie zone cerebrali, offre l’incommensurabile vantaggio di poter essere eseguita nell’arco delle 24 ore e di rilevare quindi in tempo reale non solo eventuali cambiamenti dell’attività elettrica ma anche il controllo della terapia sulle crisi elettriche o in neonati curarizzati. 476 Neuroimmagini: l’ecografia transfontanellare è molto utile nell’individuare le lesioni dei gangli della base, del talamo, la leucomalacia periventricolare, e danni ischemici focali e multifocali, ma non è in grado di rilevare lesioni corticali o del tronco encefalo in quanto spesso molto piccole o comunque troppo periferiche.

D’altro canto la TAC, che pur non essendo eseguibile al letto del paziente, richiede comunque dei tempi relativamente brevi per l’acquisizione delle immagini, fornisce importanti informazioni anche riguardo il danno corticale nella necrosi neuronale selettiva, ma il suo valore è massimo diverse settimane dopo l’insulto.

L’indagine sicuramente più accurata per dovizia di particolari, e più precoce nello stabilire l’entità del danno è la risonanza magnetica nucleare sia tradizionale ma soprattutto con le nuove applicazioni in spettroscopia e diffusione. Queste nuove applicazioni infatti non solo consentono una maggiore sensibilità nell’individuazione del danno ma permettono di anticipare l’indagine alle prime ore di vita consentendo di formulare una prognosi tanto accurata quanto precoce. La risonanza magnetica in spettroscopia (1 H-MRS) è stata utilizzata per studiare i cambiamenti biochimici associati con il danno cerebrale. In particolare la 1 H-MRS può rilevare metaboliti quali: N-acetilaspartato (NAA) che rappresenta essenzialmente un marker neuronale; creatina (Cr) e fosfocreatina che sono marker energetici; Colina (Cho) che viene rilasciata a seguito di un danneggiamento delle membrane e lattato (Lac) che si accumula in risposta a metabolismo anaerobico.

Sofferenza fetale acuta e paralisi cerebrale

Il titolo di questo capitolo associa due condizioni che storicamente sono state, in maniera erronea, strettamente collegate. Tale correlazione, dovuta a una non perfetta conoscenza della reale eziopatogenesi della paralisi cerebrale, ha fatto sì che circa un terzo delle denunce dei ginecologi riguardassero casi di danno cerebrale al neonato, per i quali si riteneva che il sanitario avesse sbagliato la condotta nella gestione del travaglio. Oggi è ampiamente comprovato che, nel 90% dei casi, la paralisi cerebrale ha cause diverse dall'ipossia intrapartum e, nel restante l Oo/o, i segni compatibili con danno da ipossia durante il travaglio possono avere origine in momenti precedenti della gravidanza, con un insulto asfittico manifestatosi probabilmente in modo transitorio e silente prima del travaglio di parto.

Saranno prima inquadrate le due condizioni da un punto di vista fisiopatologico e clinico per poi affrontare i diversi aspetti medico-legali del problema.

Sofferenza fetale acuta

La sofferenza fetale acuta è una grave perturbazione dell' omeostasi fetale dovuta a un deficit degli scambi respiratori materno-fetali che avviene di norma durante il travaglio, con conseguente ipossia; un altro termine con cui si indica la stessa condizione è asfissia intrapartum. Al fine di uniformare il linguaggio utilizzato correntemente, la Classificazione Internazionale delle Malattie (1998) identifica, come condizione di sofferenza fetale, la presenza di acidemia fetale metabolica escludendo, dalla definizione stessa, l'equilibrio acido-base anomalo transitorio, le anomalie del ritmo e/o della frequenza cardiaca fetale e il liquido tinto di meconio. 

Nel neonato asfittico, l'ipossia e l'ischemia cerebrale vanno di pari passo e si parla, pertanto, di danno ipossi-ischemico. Una delle principali condizioni cliniche responsabile di danno cerebrale, da carenza di ossigeno, è proprio l'encefalopatia ipossico-ischemica (HIE).

La HIE è tipica del neonato a termine, anche se in rari casi si può avere anche nei pretermine (se si verifica prima delle 35 settimane si parla di leucomalacia periventricolare) e il grado di ipossia è in diretta correlazione con l'area cerebrale danneggiata. In presenza di modica ipossia sono colpiti principalmente i seni parasaggittali, mentre in caso di severa ipossia è colpita la regione talamica (ipotensione materna acuta, distocia da sproporzione feto-pelvica, distacco di placenta, rottura d'utero, prolasso di cordone, emorragia da placenta previa), con interessamento della sostanza grigia del cervello. Anche una condizione di stroke in feti a termine (alterazioni piastrine, infezioni materne, ipertensione e/o ipotensione materna severa) può essere alla base di un'encefalopatia ipossico-ischemica, con azione mediata da diversi meccanismi fisiopatologici, principalmente legati alla chiusura dell'arteria cerebrale media e successiva alterazione del flusso sanguigno cerebrale, in risposta allo stesso stato neuro-infiammatorio; proprio lo stato neuro-infiammatorio, per effetto di mediatori dell'infiammazione post-ischemia, nello stroke progressivo è responsabile del danno cerebrale da alterazioni della barriera emato-cerebrale.

Fisiopatologia ed eziologia

Gli scambi gassosi del feto avvengono attraverso la placenta e la loro qualità è condizionata dal flusso utero-placentare e dal flusso ombelicale; i fattori che condizionano tale meccanismo sono numerosi.

La contrazione uterina interferisce ostacolando l'apporto di sangue alle camere intervillose della placenta. In realtà proprio tali camere rappresentano un meccanismo di riserva di ossigeno e fanno in modo che le variazioni emodinamiche, dovute alle contrazioni fisiologiche, non turbino la regolare ossigenazione del feto. Le anomalie della contrazione uterina con incremento dell'intensità e/o frequenza potrebbero interferire con gli scambi a livello placentare, così come una condizione di travaglio eccessivamente prolungato potrebbe portare a un esaurimento delle riserve di ossigeno della camera intervillosa.

Le lesioni placentari ipossiche, con i quadri anatomopatologici di necrosi laminare, sviluppo eccessivo del trofoblasto extravilloso e difetti della maturazione placentare, possono determinare una riduzione del volume della camera intervillosa, limitando la riserva di ossigeno per il feto (diabete-ipertensione).

Linsufflcienza placentare acuta (distacco intempestivo di placenta) è causa di un insufficiente apporto di sangue improvviso, con conseguente deficit di scambio respiratorio materno/fetale. 

La patologia funicolare (prolasso, procidenza, attorcigliamento, nodo vero di cordone) può, per la compressione del funicolo, ridurre il flusso ombelicale e causare improvvisa sofferenza fetale acuta.

I deficit qualitativi dell'ossigenazione da cause materne sono quelli che si potrebbero verificare come complicanze dell'anestesia generale, per malattie dell' apparato cardio-respiratorio materno e/o per un improvviso stato ipotensivo.

:Lipotensione, se di grado moderato, riduce solo lievemente il flusso utero-placentare, in virtù di meccanismi di compenso mentre, in caso di importanti emorragie materne acute, è causa di vertiginosa riduzione del flusso, per aumento delle resistenze periferiche; il sanguinamento acuto massivo da placenta previa con perdita ematica rapida superiore a 500 ml potrebbe essere causa di morte e/o danno cerebrale neonatale e richiede un accorto follow-up neonatale.

:Levento ipotensivo improvviso potrebbe riscontrarsi anche durante l'esecuzione dell'anestesia subaracnoidea, in corso di taglio cesareo e, nei casi severi, tale quadro clinico potrebbe essere responsabile di effetti materni (perdita di coscienza, rigurgito e aspirazione polmonare) e/o fetali (ipossia, acidosi e danni neurologici).

La somministrazione di ossigeno, in corso di taglio cesareo, in pazienti gravide a basso rischio e a termine gestazione, non ha mostrato avere differenze significative, in termine di valore del pH fetale alla nascita e dell'Apgar score, al primo e al quinto minuto dalla nascita, mentre la saturazione di ossigeno materno e la P02 del sangue cordonale arterioso fetale erano significativamente più alte.

In caso di ipossia fetale acuta, il feto reagisce garantendo l' ossigenazione agli organi vitali, quali il cervello, il cuore e le ghiandole surrenali, grazie a diversi meccanismi di compenso. Ciò avviene sostanzialmente mediante una vasocostrizione periferica che interessa i reni, l'intestino, la milza, lo scheletro, i muscoli e la cute, permettendo una ridistribuzione del flusso ematico a favore degli organi nobili. Nel feto, comunque, la vasodilatazione cerebrale compensatoria è di ampiezza significativamente minore rispetto a quella riscontrata nell'adulto e tale attenuazione di risposta è legata sia a un ridotto rilascio di metaboliti vasoattivi a livello dei tessuti, sia a un diretto effetto dell'ipossia sul tessuto muscolare dei vasi cerebrali. Durante l'ipossia moderata il consumo di ossigeno cerebrale e miocardico è ben mantenuto da meccanismi di compenso ed è solo con una condizione di asfissia grave che si instaura uno scompenso che può portare al decesso. :Linterruzione degli scambi tra madre e feto determina un'acidosi respiratoria, da accumulo di anidride carbonica, che è seguita da un'acidosi metabolica per l'attivazione della via anaerobica del catabolismo glucidico. Il feto possiede dei meccanismi di compenso, in quanto, in presenza di acidosi, aumenta il rilascio di ossigeno da parte dell'emoglobina, che funge anche da tampone. Il cervello fetale, benché consumi più ossigeno di quello di un adulto, resiste meglio all'ipossia grazie ai suoi meccanismi di compenso che permettono sia di ritardare il passaggio di potassio nello spazio interstiziale, sia di produrre energia in anaerobiosi. In presenza di acidosi severa (pH <7) e prolungata, tali meccanismi di compenso vengono meno e possono instaurarsi le lesioni cerebrali. Un recente studio ha evidenziato che, su 71.189 neonati di epoca superiore alle 34 settimane, 80 di questi hanno manifestato encefalopatia neonatale e 48 di questi (60%) presentava segni di acidosi metabolica (pH <7; deficit di basi >-12).

Una severa ipossia fetale, indipendentemente dalla causa, è considerata il motivo principale di danno cerebrale fetale, anche se le cause e il periodo di tale ipossia non sono sempre riconoscibili [1]. Il periodo, la durata e la severità dell'insulto ipossico sono fondamenti critici nel determinare l'outcome neonatale in termini di severità del danno cerebrale e della regione cerebrale colpita.

Una classificazione atta a valutare le conseguenze dell'ipossia prevede una suddivisione in tre gradi:

  • grado 1: ossigenazione inferiore al 50% e ridistribuzione del flusso senza vera e propria acidosi;
  • grado 2: i fenomeni sono compensati; compare l'acidosi, ma il flusso cerebrale è compensato;
  • grado 3: l' ossigenazione del miocardio è compromessa con bradicardia, morbilità e mortalità fetale maggiore.